Luogo e non luogo, identità e smarrimento. Sono queste le polarità energetiche di questo lavoro "simbiotico" tra le immagini fotografiche di Fiorenzo Bordin e le riletture pittorico-grafiche di Massimo Romani. Sono tutti frammenti di vita in scorrimento, da un punto significativo a un altro punto significativo: la città che si muove ma non sa bene dove e perché. Le nostre vite globalizzate che subiscono il deprezzamento dei valori umani, oltre che delle azioni in borsa. Il taglio è da reportage, eppure c'è un rigore formale risonante, un nitore del segno e della visione, anche quando si inquadrano gambe in movimento sulle scale di una stazione. E l'uomo appeso in aria, sulla struttura futuristica di un centro commerciale, è come una mosca intrappolata nella ragnatela (del web?). Lavoro di squadra, attorno a un concept moderno, in cui la forma ha un suo peso, essendo essa stessa messaggio. C'è qualcosa di anodino, di alieno, scovato nelle pieghe urbane dai due artisti e che esce a interrogarci forse a disturbarci, persino per "stuprare" coscienze assopite. Ecco la realtà è questa, senza veli, forse un pizzico di autocompiacimento, ma ci sta. (dalla critica di Gian Piero Prassi)